Road House: Doug Liman e Jake Gyllenhall proiettano un classico nel 2024
Elwood Dalton è bello. Di un’umiltà quasi affettata. All’inizio si percepisce una grande bontà, condita da una voglia di espiazione da sindrome di agnello sacrificale. Un potere derivante da una brillante forma fisica e da un talento marziale non può prescindere da un controllo e un autocontrollo che ponga il nostro eroe nel lato giusto della storia. Qualcuno avrebbe parlato di binomio potere-responsabilità. Old but gold. Per i primi 40 minuti la pellicola non ha la pretesa di emulare l’originale. Se non in costruzione e inquadramento della trama. Un plauso alla colonna sonora che, come nel 1989, scandisce ogni tensione narrativa, accompagnando allegramente una sinossi forse prevedibile ma compatibile con il genere di riferimento. Elwood parla poco come James, ma è meno serioso. Più leggero, meno rabbioso. Riprende altri…