Alda Merini e la sua poesia manicomiale

Ci sono delle personalità che attraggono altre anime parimenti sensibili; Alda Merini ebbe questo ascendente su Giacinto Spagnoletti e scrisse, grazie a questo ascendente, una serie di poesie che la porteranno a diventare la famosa e tormentata poetessa che noi adesso consociamo.

Ma facciamo qualche rispettoso passo indietro.

All’anagrafe Alda Giuseppina Angela Merini nasce a Milano, nel 1931, in una famiglia non ricca ma ebbe la fortuna di avere un padre colto che le regala un dizionario educandola all’uso delle parole. Un po’ come Emily Dickinson, anche la nostra Alda ha tra le mura domestiche un riferimento che non la vede esclusivamente come una futura moglie e madre o che, comunque, non glielo fa percepire. Proprio come la celebre poetessa inglese, anche Alda Merini ha, invece, un pessimo rapporto con la madre che mostra letteralmente di essere caratterizzata da un continuo lato anaffettivo e da una visione stereotipata e classista della donna, e quindi anche della figlia.

Alda è, sin da piccola, estremamente portata per gli studi ma la svolta arriverà più in là nel tempo ovvero con l’incontro con Spagnoletti che le permette di pubblicare le prime poesie.

 Alda Merini e la cura forzata

Quando aveva 15 anni, una giovanissima e promettente Alda Merini ritorna a casa con una recensione positiva del famoso critico letterario e saggista Spagnoletti.

Alda non riesce a contenere la felicità ma purtroppo a casa non riceve complimenti dal padre (forse preoccupato che la giovane figlia possa essere circuita da un uomo) e la rimprovera.

Questo è il momento in cui la futura poetessa subirà il primo dolore avendo – forse – intuito che non le sarebbe stato facilmente permesso di diventare una donna ‘di parole’.

Nel 1947 c’è un’altra svolta molto importante nella vita della poetessa: incontra Giorgio Manganelli ed inizia tra loro una profonda intesa di anime che porterà la stessa Alda a dedicare al suo amato Manganelli il ruolo di Orfeo nella sua poesia in cui lei stessa era impersonificata da una innamorata Euridice.

Purtroppo, Alda ha già una diagnosi di bipolarismo che le pesa addosso come una spada di Damocle e che la condanna al primo internamento quando viene ricoverata nell’ospedale psichiatrico Paolo Pini dall’allora marito che decide di ricoverarla (a sua insaputa) nonostante avessero già avuto due bambine. Alda Merini, pur non condividendo la decisione del marito, non manifesterà mai un atteggiamento di opposizione allo stesso perché è consapevole che la donna – alla sua epoca – non aveva lo stesso peso dell’uomo (e così anche la moglie sul marito).

Da questa esperienza Alda ne esce diversa e non solo perché la medicina l’aveva connotata come una persona con una problematicità ma perché lei vede cose e prova emozioni che nessun essere umano avrebbe dovuto provare.

Alda Meriti in alcune sue poesie

La sua poesia non è dolorosa nello stile ma nell’essenza. Alda non immagina nulla e non prova ad enfatizzare (trattenendo o rifiutando un sentimento) ma ripercorre con la memoria il dolore di aver vissuto un’esperienza traumatizzante.

Occorre ricordare che la legge Basaglia porterà alla chiusura dei manicomi nel 1978 perché troppo dolore ed emarginazione avevano causato ma la nostra poetessa è, ancora, costretta ad essere internata in un ospedale psichiatrico.

Alda, come gli altri pazienti dell’ospedale Pini subisce pratiche invasive a livello fisico e viene sottoposta alla crudele (ma legale all’epoca del suo ricovero forzato) dell’elettroshock.

Nella sua poesia non c’è soltanto il dolore delle pratiche mediche forzate ma anche l’incontro umano che riesce ad istaurare con gli altri pazienti; ne deriveranno le sue opere in versi nelle quali la milanese mostra quanto il dolore possa attaccarsi addosso ma ne deriverà anche la sua opera in prosa (in realtà con un incipit in versi) dal titolo La pazza della porta accanto (del 1995).

La Merini mostra, nella sua poesia, una intensa attività nella quale scandaglia il fondo dell’animo umano e riesce a dare voce anche a coloro che non vengono mai ascoltati, abbandonati a loro stessi e poco aiutati dalle istituzioni. Alda non si nasconde e non condanna, invita alla comprensione, all’apertura mentale e sollecita l’inclusione.

Ludovica Cassano

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