Percy e Mary Shelley nel loro viaggio di vita italiana

La famosa coppia di intellettuali, artisti britannici ha vissuto un lungo periodo in Italia, occupati in quello che in gergo dell’epoca era chiamato “Grand Tour” e che era frequentemente testato dalla nobiltà o dai benestanti stranieri (soprattutto inglesi).

Nello specifico Percy e Mary Shelley entrò ufficialmente nel nostro territorio nazionale in data 30 marzo 1818 – i due innamorati, i loro due figli piccoli e la loro governante Claire Clermont –, varcando a piedi i confini territoriali ed entrando in una fase molto importante delle loro vite. Perché lo fanno?

I motivi, in realtà, sono molteplici:

  • L’Italia era una meta gettonata perché estremamente economica e permetteva anche una certa privacy, proprio in conseguenza di questo anonimato moltissime coppie “scandalose” in patria preferirono espatriare
  • Percy, occorre aggiungere per giustizia di cronaca, aveva contratto una serie di debiti in patria (che non aveva saldato!) e che avevano reso pericolosa la sua permanenza in Inghilterra
  • In Italia avevano già trovato la loro dimensione – e una nuova vita – un caro amico della coppia: Lord Byron che abitava nella Laguna di Venezia.

Questi non sono statati gli unici motivi che hanno spinto la coppia di amanti in Italia ma, certamente, sono stati i principali; i due restavano, a tutti gli effetti, una coppia di scrittori (Percy famoso mentre Mary meno pur avendo scritto opere molto valide). Con lo, come abbiamo detto prima, c’erano anche i loro due figli William e Clara Everina che purtroppo persero entrambi la vita a causa della malaria che imperversava in Italia in quel periodo.

 Le due diverse posizioni degli Shelley verso il Bel Paese

Se parliamo della coppia di Percy e Mary Shelley occorre dire che pur essendo entrambi estremamente aperti ma ebbero posizioni opposte rispetto all’Italia ed al suo popolo.

Quel periodo storico (ci troviamo agli inizi del 1800) fu caratterizzato da una opposta posizione tra quelle che veniva chiamato Global North e il Global South: le posizioni erano quelle tipiche del colonialismo e la visione occidentale (bianca) era l’unica che potesse avere la minima considerazione e, al di fuori di questa, non vi era nulla ma, anche all’interno della visione del Nord del Mondo civilizzato, occorreva fare una ulteriore divisione tra il Nord mascolino, organizzato, economicamente forte, disciplinato ecc. (nel quale entrava di diritto l’Inghilterra) ed il Sud del Mondo civilizzato (nel quale rientrava, appunto, l’Italia) e che veniva rappresentato come femmineo, dipendente dalle emozioni e dalla passione, irrazionale, animalesco, disorganizzato ecc.

Percy Shelley aderiva perfettamente a questa visione del popolo italiano come un popolo rozzo, incolto, selvaggio, mosso solo dalla passione e, quindi, non affidabile e degno di nota ma, al contempo, riconosceva un paesaggio ed una storia molto ricca e meravigliosa. Ciò che caratterizzò la visione di Percy Shelley fu la cosiddetta Italophobia mentre Mary esprimeva verso il nostro territorio e il nostro popolo un sentimento di Italophilia. Mary Shelley, quindi, si approcciava con profondo interesse e rispetto e cercò di imparare l’italiano durante il Gran Tour e, in particolare, avendo una serie di conversazioni nel periodo romano.

Gli Shelley e l’influenza italiana

È innegabile che la coppia di scrittori abbia subito l’influenza della cultura italiana e di ciò che videro durante il periodo di vita in Italia. Senza contare le normali contaminazioni delle loro opere rispetto a ciò che avevano visto e conosciuto del nostro paese vanno immaginate una serie di relazioni interpersonali che i due intrattennero durante gli anni italiani.

Ecco che l’Italia è patria dell’opera di Percy Shelley The Coliseum dove esalta la bellezza delle rovine e immagina la grandezza della struttura all’apice della sua costruzione ma che, ora, lo vede devastato dall’incuria in un Paese di depravati selvaggi. Percy non intrattiene molte relazioni con gli italiani ma, invece, vive comodamente da turista in Italia (va detto che il nostro Paese era una delle mete più gettonate degli inglesi che avevano istaurato delle vere e proprie colonie) e, perciò, era immediato uno stile di vita inglese in Italia. Ad accezione della cerchia di amici e amiche inglesi che vivono in Italia come, per esempio, Lord Byron. Mary, invece, con il suo racconto The Sisters of Albano dipinge una trama appetitosa per il pubblico inglese, infarcita di banditi, contadine, fauna tipica del Sud ma aggiungendo elementi estranei con lo scopo di sbeffeggiare i suoi lettori in Patria che non hanno minimamente idea di cosa sia l’Italia e che hanno la presunzione di non volerla affatto conoscere.

Quindi si può dire degli Shelley che …

La dissoluta coppia (Percy e Mary) vive in modo molto diverso il periodo italiano che costerà la vita ai due figli, allo stesso Percy che morirà a largo della costa toscana (a causa di un ammaraggio della barca sulla quale si trovava) dopo aver deciso di passare una giornata in mare aperto, a largo di Lerici, era l’8 luglio 1822. Percy Bysshe Shelley è attualmente sepolto nel Cimitero Acattolico  di Roma mentre Mary Shelley ritornò in Inghilterra, continuò a scrivere per mantenersi e muore a causa di un tumore del cervello nel 1851.

La loro vita italiana mostra perfettamente, ed in modo amplificato, ciò che era lo stile di vita dissoluto e (per molti) ritenuto amorale che molti intellettuali, artisti o nobili stranieri adottavano, contornati dai moti della Carboneria nel Nord Italia e con le suddivisioni territoriali interne, le battaglie e le speranze di poter vedere – un giorno – un’Italia unita e libera.

Possiamo dire che nelle opere degli Shelley abbiamo un bel po’ di Italia e, comunque vada, dobbiamo esserne fieri

Ludovica Cassano

 

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