Ernest Hemingway e la fisicità dell’emozione

Hemingway è stato uno scrittore “muscolare” in netta opposizione con Francis Scott Fitzgerald (i due sono spesso associati per mostrare il contrasto che li caratterizza e che mostra in modo concreto i loro tratti identificativi). Se F.S. Fitzgerald fu uno scrittore “esteta”, femmineo – a tratti – e dalla vita assolutamente mondana; E. Hemingway fu un esploratore, un uomo impetuoso e certamente la sua dissoluzione si misurò nell’eccesso di virilità (a tutti i costi!).

I due si incontrarono ma probabilmente non si capirono mai fino in fondo e come avrebbero potuto se la loro natura era – da considerarsi – agli antipodi.

La vita di Hemingway si struttura in gran parte sull’esperienza della guerra perché un giovane ed irruente Ernest si arruola all’ingresso degli Stati Uniti nella Grande Guerra nel 1917. L’intrepido Hemingway viene scartato per il servizio militare a causa di un difetto della vista ma non gli viene precluso di fornire aiuto e finisce a guidare l’ambulanza per l’American Red Cross destinato dul fronte italiano di Schio. Qui Hemingway si mostra subito estremamente coraggioso, spavaldo a tratti, ottenendo un riconoscimento per il suo valore. L’esperienza sul fronte italiano lo portarono a conoscere anche lo scrittore John Dos Passos.

 Ernest Hemingway come membro della generazione perduta

Ernest Hemingway fu uno scrittore dai tratti tipici della lost generation (la generazione perduta) perché vive continuamente annebbiato dall’alcol sostenendo – a più riprese – che la vita possa essere vissuta solo con qualche aiuto che possa contrastare la noia. Hemingway è ossessionato dall’idea di non riuscire a sopravvivere alla noia che è il male del suo tempo. Proprio per sfuggire alla noia vive una vita perennemente al limite, sempre spinto dal desiderio di misurarsi con se stesso in un perenne gioco di estremi (fu impegnato in safari in Africa, imbarcato, perennemente a caccia di qualcosa…oppure attivo sul fronte bellico). La noia lo ossessiona e per contrastare il senso di noia si spinge sempre più in là.

Ernest Hemingway si sposta di continuo, perennemente in cerca di qualcosa di altro, di nuovo e non si radica mai; questo continuo spostarsi gli fa vivere una vita piena (sotto molti aspetti) ma estremamente solitaria (sotto un altro punto di vista!). Vive cercando un contatto con la natura che gli appare come una soluzione alla dissoluzione dell’anima umana ma non in pace bensì sempre regolamentato dalla guerra, dall’irruenza (si tratta, in fondo, di una natura da piegare al proprio volere).

Lo scrittore originario di Oak Park non ci sta a vivere in pace e mostra a se stesso di essere un vero e proprio Homo Sapiens che con il proprio intelletto e la forza può piegare ogni cosa al suo volere.

Ernest Hemingway e l’amore

Se si pensa ad Ernest Hemingway non si può certamente prescindere dal citare le sue innumerevoli relazioni avute durante le numerose avventure in pace ed in guerra.

Ricordare la trama di Addio alle Armi (romanzo del 1929) nel quale lo scrittore rimembra le sue avventure sul fronte italiano della Guerra Mondiale e il suo incontro con l’infermiera Agnes von Kurowsky che era una statunitense di origine tedesca sentimentalmente legata ad un ufficiale italiano. Una passione che ispirò la love story dei protagonisti tra le macerie, le bombe ed il sangue.

In tutto Ernest Hemingway ebbe quattro mogli:

  • Hadley Richardson 1921-1927

  • Pauline Pfeiffer 1927-1940

  • Martha Gellhorn 1940-1945

  • Mary Welsh Hemingway 1946-1960.

Fu anche Fernanda Pivano, celebre editrice e traduttrice di letteratura anglo-americana, a parlare del rapporto maschilista che Ernest Hemingway ebbe con le su consorti; soprattutto con l’ultima che ebbe modo di incontrare in presenza dello stesso scrittore americano. Hemingway aveva una mascolinità che palesava anche in camera da letto e lei, Mary, sembrava voler assecondare sempre il marito che, però, aveva già il brutto vizio di apparire perennemente ubriaco. Mary avrebbe accettato, secondo la Pivano, di essere lasciata soltanto da suo marito in stato di sobrietà ma non sarebbe mai accaduto. Mary sarà l’ultima moglie (sulla carta) ma non l’ultimo amore poiché in mezzo ci sarebbe stata Adriana, una sua amante.

Ernest Hemingway non era mai stato un uomo semplice e lineare; era un tormentato, un uomo di copro e di azione e aveva deciso il momento della sua morte: probabilmente non avrebbe potuto vivere di tranquillità e di calma. Salutò la sua “gattina” (Kitten) dandole la buona notte e, sceso al piano inferiore della casa nella quale vivevano, si tolse la vita sparandosi. Proprio le armi che aveva sempre imbracciato durante tutta la sua vita era diventato il suo giustiziere.

Con la morte di Hemingway si spegne la fiamma di un grandissimo scrittore del secolo scorso, di un soldato premiato con la medaglia al valore, di un passionale (dentro e fuori casa), di un marito e di un amante … ma possiamo ricordarlo attraverso i suoi capolavori Il vecchio e il mare, Per chi suona la campana, Addio alle armi, Festa mobile

Ludovica Cassano

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