Il Ministero della Guerra Sporca sotto l’imperio dell’irriverenza

Guy Ritchie continua a stupire

Ben fatto.

Sarcastico.

Irriverente.

Parossistico.

In poche parole, Guy Ritchie.

Proietta col solito piglio ironico l’ottimo soggetto di Damien Lewis, onorando eroi di guerra inglesi e mostrandoli al grande pubblico.

Certo, di somiglianze neanche a parlarne, ma alla settima arte si concede questo e altro.

Alan Ritchson ha spiccato il volo.

Dopo Reacher e Fast X sembra ormai tagliato per il ruolo di macchietta spacca tutto.

Quegli occhi a metà tra Homer Simpsons (si scherza Alan) e David Summer (Dustin Hoffman in Cane di paglia) impreziosiscono una caratterizzazione azzeccata e un ruolo che potrebbe farne il degno erede di icone dure e pure ma dalla battuta tagliente so 80’s alla Stallone, Kurt Russell e Mel Gibson.

Forse con più black humour, ma il suo stile non disturba.

Danny Glover sembra troppo elegante per rientrare nella categoria.

Tango & Cash dopo 35 anni potrebbe aver trovato un possibile interprete moderno.

Henry Cavill appare sulla falsa riga del biondone tutto muscoli e furia omicida.

Bellone ma elegante.

Spietato ma sofisticato.

Irriverente ma ligio al dovere.

Anche il buon Henry pare destinato a un ruolo da duro ma con tinte satiriche già viste in Operazione Uncle, The Witcher e Justice League.

Guy Richie è sempre più proiettato nella commedia nera di coheiana memoria, ma oltrepassando l’elemento macabro, mai amato dal regista di Hatfield.

Un piacere per gli occhi Eiza Gonzales.

Affascinante, raffinata e poliedrica in un ruolo da pseudo femme fatale, il cui conflitto sensibilità/durezza svelerà il proprio epilogo solo nel finale.

Pregnante la doppiezza di Babs Olusanmokun, il cui timbro di voce è appropriato a ogni situazione, climax compresi.

Come non consacrare, se ce ne fosse bisogno, il sottile Churchill?

Il buon Winston è passato alla storia come il più grande deus ex machina di sotterfugi, complotti, strategie, piani arditi e orditi e molto altro.

La pellicola ricorda la sua importanza e lo caratterizza con il solito savoir faire da salvatore della patria, incurante delle conseguenze.

Oggi diremmo, banalmente, whatever it takes.

Il resto sono musiche azzeccate, inquadrature sferzanti, primi piani accattivanti e tanta azione.

Anche un po’ di parodia per spagnoli e italiani, va detto.

I soliti inglesi.

Piacevoli e irriverenti ma con quel pizzico di tracotanza british.

Sullo sfondo, personaggi a caso, proprio di secondo piano, come un certo Ian Fleming.

Se veramente Henry Cavill dovesse in futuro interpretare 007, sarà proprio un déjà-vu.

Lorenzo Cuzzani

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