L’ascolto e la consapevolezza del presente sono fondamentali per connettersi veramente con noi stessi e con gli altri, senza essere distratti dal passato o proiettati nel futuro. Abbiamo scelto, quindi, di intervistare Anna Paola Musetti, autrice di “Pierangelo Angelo Bambino”, racconto che ci invita proprio a riflettere su questi temi, esplorandoli tramite un racconto per bambini e non solo.
Da dove nasce l’ispirazione di scrivere una storia che coinvolge un angelo bambino?
Innanzitutto, io sono sempre stata appassionata di letteratura per l’infanzia e l’elemento che mi piace di più di questa tipologia di racconti è che è possibile creare un contesto magico, che si avvicina spesso al sogno, e in cui i bambini credono.
Quando ho scritto Pierangelo cercavo, dunque, un personaggio magico da far diventare il protagonista delle mie storie e un angelo apprendista – perché Pierangelo sta ancora imparando – mi è sembrato perfetto, mi ispira purezza e semplicità.
Ho letto che lei è un’insegnante di lettere. Il rapporto tra l’angelo bambino e il suo maestro sembra fondamentale nella trama, quale significato ha, per lei, l’idea di una guida o di un mentore? Come si riflette nella storia?
Anche se insegno a ragazzi più grandi, nella mia professione di insegnante cerco di non essere solamente una professoressa. Se da un lato è un ruolo scomodo quello che svolgiamo noi docenti, perché dobbiamo far rispettare le regole e spronare i giovani a studiare, è anche vero che nel momento in cui ci poniamo come guide la disposizione d’animo degli studenti e delle studentesse diventa un po’ diversa: a quel punto l’insegnante non è più percepito come colui che li giudica, valuta e mette il voto ma colui che insegna. Nella mia storia racconto il rapporto tra Pierangelo, un apprendista angelo dotato di molto intuito, e Celeste, il suo saggio maestro, che si mette a disposizione al fine di insegnargli soprattutto quello che è il vero senso dell’aiuto. Il maestro è severo, ma è anche amorevole, e si pone quasi come un padre; credo rappresenti l’insegnante che vorrei essere in una certa misura.
Nel libro, la comunità è caratterizzata dalla tristezza. Come ha sviluppato il concetto di speranza e come i tuoi protagonisti cercano di portare luce in una situazione così difficile?
Il motivo principale della tristezza si svela nel corso della storia grazie a un’intuizione di Pierangelo: è il fatto che tutti hanno perso la capacità di vivere nel presente. Nella storia sono tutti proiettati nel futuro, tesi a realizzare qualcosa senza pensare al presente e perdendo di vista la vita di tutti i giorni. Inoltre, sono anche immobilizzati dall’ansia di perfezione che li pervade e non sono in grado di comunicare. Ad esempio, il poeta vuole scrivere la poesia migliore aspira alla perfezione nel suo futuro.
Inizialmente i due angeli cercano di accostarsi alla comunità del paese di Pianpinaio per ascoltare e capire cosa sta accedendo, però poi quando Pierangelo incontra Margherita, l’unica che lo può vedere, e lei gli dice che vuole un cucciolo e che lo vuole subito, Pierangelo capisce cosa sta accadendo, intuisce che la chiave per risolvere il problema è riportare gli abitanti a vivere nel presente. Nei miei racconti c’è sempre un personaggio speciale, come Margherita, che riesce a vedere ciò che gli altri non vedono e che svolge un ruolo fondamentale.
Il tema principale del racconto è l’ascolto. Crede che i bambini possano comprendere e interiorizzare il messaggio dell’importanza di ascoltare, anche quelli più piccoli? Come hai cercato di rendere questo tema accessibile ai giovani lettori?
L’ascoltare e l’invitare all’ascolto sono temi fondamentali per questo racconto e non solo; le storie di Pierangelo formano una collana di diversi episodi nei quali queste tematiche torneranno, perché al giorno d’oggi si parla tanto ma si ascolta pochissimo mentre per me è un valore fondamentale. Credo che i bambini siano più bravi degli adulti in questo. Quando leggo le mie storie ai più piccoli sono sempre attenti e interessati, con gli occhi pieni di curiosità.
Noto che gli adulti, invece, ascoltano sempre meno, il lavoro più grande sarebbe da fare con loro; molti hanno perso l’attitudine all’ascolto ma senza l’ascolto non ci si riesce a comprendere né, quindi, a mettere nei panni dell’altro. Ad esempio, anche con i miei studenti più grandi talvolta faccio fatica a farmi ascoltare o a far sì che si ascoltino tra loro.
Persino nel racconto ad un certo punto il maestro Celeste non ascolta Pierangelo.
È vero, e l’educazione tramite la lettura è un metodo che, secondo me, può andare a segno con i bambini, mentre con gli adulti è difficile. Vediamo anche in televisione quotidianamente quanto le persone grandi siano concentrate più a parlare e a prevalere sull’altro che ad ascoltare.
Hai qualche esperienza personale o un ricordo che ti ha guidato nella scrittura di questa storia, in particolare riguardo a come affrontare momenti difficili o a come trasmettere l’importanza dell’ascolto tra adulti e bambini?
Ho avuto la fortuna di incontrare il mio insegnante di latino e greco che aveva una capacità particolare, un’attitudine direi, di farsi ascoltare e di ascoltare gli altri. Per me è stato illuminante da questo punto di vista. Ricordo, dunque, davvero molto bene la figura di questo professore, che è stata una figura molto importante per me. Inoltre, nel racconto c’è molto di mio padre, era una persona di poche parole ma capacissima di ascoltare. Il più delle volte nemmeno hai finito la frase che l’interlocutore prende la parola, mentre queste due figure mi hanno ispirata e sono proprio loro a cui mi ispiro come insegnate.
Questa non è la prima storia che scrive, ma quali sono i progetti futuri in programma?
Prima di tutto, per me Pierangelo stesso rappresenta il presente e il futuro, essendo una collana che al momento si compone di diversi volumi. Tre libri sono già in cantiere: il primo è quello di cui stiamo parlando, il secondo libro sulle storie di Pierangelo è già pronto e lo stanno illustrando, mentre a brevissimo inizieremo l’editing del terzo. Inoltre, sto già scrivendo il quarto, perché l’idea alla base del mio progetto è di sviluppare un racconto per ogni stagione. Manca, al momento, l’autunno.
Voglio sottolineare che non è un caso che il primo volume sia ambientato in inverno, nel periodo di Natale; per me il Natale è un momento speciale, carico di emozioni e di magia e vorrei continuare a scrivere altre storie sul tema. In particolare, mi piace molto l’idea della letterina per Babbo Natale scritta a mano e da questo tema vorrei sviluppare altre narrazioni.
Eleonora