Il vuoto lasciato da questo immenso scrittore resterà nella memoria dei nostri tempi.
José Saramago non si può descrivere con poche parole, poiché resta una delle personalità letterarie e intellettuali più significative degli ultimi secoli. Qui descritto brevemente nel suo travaglio politico e religioso; esempio di una vita e una produzione complessa e senza mezze misure.
Ci ha lasciati ormai da 13 anni. Era il 18 Giugno del 2010, a Tìas nell’isola di Lanzarote, che si spense un gigante della letteratura contemporanea e con esso la sua mobilitazione politica e la sua abilità stilistica.
Fu uno scrittore simbolo della sua generazione, non solo per ciò che scrisse e per il suo modo tutto personale di imprimere pensieri su carta ma anche per le conseguenze sociali e politiche che ne derivarono e che ne condizionarono la vita.
Le sue posizioni furono molto spesso irriverenti e dissacranti tanto da subire l’onta della persecuzione e del giudizio. Lo attese un lungo auto-esilio, lontano dal suo amato e odiato Portogallo e soltanto da morto riuscirono a seppellire le sue ceneri sotto un ulivo nella Fondazione José Saramago a Lisbona.
Fu la sua irriverenza e blasfemia stilistica a condannarlo all’esilio volontario dal quale, per fortuna, riemergeva per scrivere e presentare le sue idee e i suoi romanzi in tutto il mondo.
Nacque in Portogallo, il 16 Novembre del 1922, nella cittadina di Azinhaga e si dimostrò sin da subito un grande estimatore delle opere di Pessoa, di Maupassant, di Tolstoi, di Baudelaire… autori dei quali curò anche la traduzione in lingua portoghese.
La sua infanzia fu caratterizzata da una grande povertà che colpì la famiglia Saramago e nonostante il padre agricoltore decise già dal 1924 di trasferirsi a Lisbona per cercare maggiore fortuna, le loro sorti economiche non migliorarono.
La famiglia del piccolo José fu colpita da una serie di sciagure tra le quali la più impattante fu la morte del fratellino minore Francisco a causa di una broncopolmonite mal curata. Il piccolo aveva solo 4 anni.
Questo lutto segnò molto la sensibilità del piccolo José Saramago, che comprese ben presto il concetto di dolore e il vuoto della mancanza.
Questa sofferenza amplificò l’empatia che lo contraddistingueva e che lo spinse negli anni successivi all’attivismo politico, militando attivamente nel Partito Comunista Portoghese.
Da adolescente iniziò a collaborare nell’editoria con varie mansioni fino a diventare un direttore di produzione, dimostrando una naturale vocazione per il mondo delle parole.
Questa occupazione gli permise di raggiungere una certa stabilità economica. Sempre in questa fase della vita conobbe e sposò Ida Reìs e, subito dopo, l’esperienza della paternità con sua figlia Violante (che nacque nel 1947).
Solo in età matura conobbe la compagna che lo avrebbe accompagnato fino alla fine, con la quale condividerà pensieri, progetti stilistici e molto altro: Pilar Del Rio, giornalista e traduttrice di alcune sue opere in spagnolo e che sposò nel 1988.
Scrivere con una punteggiatura ridottissima si può solo se sei Saramago.
Descrivere lo stile di José Saramago è a dir poco complesso perché, come tutti i grandi scrittori, la sua penna ha in sé stesso tratti distintivi e unici.
Leggerlo significa seguire una linea stilistica quasi priva di punteggiatura (dosava le virgole come un creatore di profumi), amando i lunghi periodi. A volte lunghi anche più di una pagina e zeppi di subordinate. Non si trattò di una scrittura disordinata anzi tutto si componeva in modo ordinato e quasi metodico. Disponendosi secondo trame melodiche e uniche dove però risiedeva il conflitto grammaticale e, per esempio, potevano non essere segnalati i dialoghi con le virgolette.
Saramago era solito all’uso di parole ricercatissime che mostravano concetti e immagini altrettanto potenti. Questo stile lo contraddistinguerà sin dai suoi esordi produttivi e lo accompagnerà fino alla fine dei suoi giorni.
Si tratta di un autore che non si è mai piegato alle decisioni convenzionali e che non ha mai avuto paura di esprimere le proprie posizioni anche mostrandosi duro, a volte, e, spesso, impopolare. “Ho l’impressione la Chiesa si occupi molto di più dei corpi che delle anime” avrebbe detto dopo le polemiche ricevute dal mondo cattolico portoghese e no, in seguito alla pubblicazione de Il Vangelo secondo Gesù Cristo.
Molto feroci furono le critiche che fece al popolo ebraico in seguito alla questione palestinese: si ricordano molto chiaramente le sue osservazioni circa la mancanza di empatia del popolo ebraico rispetto al “massacro” palestinese che non poteva essere giustificato, a suo avviso, dalla deportazione e dall’olocausto che avevano subìto.
Questo atteggiamento era parte del suo personaggio fuori dal coro della storia che lo aveva condannato a patire le angherie del dittatore José António Salazar morto nel 1970 e del quale criticò e sbeffeggiò il modo di parlare. Ad un certo punto cambiò casa editrice scegliendo la Feltrinelli a seguito della mancata pubblicazione di Il Quaderno (nel quale c’erano alcune sue critiche a Berlusconi), quando era scritturato da Einaudi.
Vorrei citare alcune sue opere, ritenute fondamentali per ricostruire un po’ di più il suo modo di pensare.
– Cecità del 1995 che gli valse il prestigioso Nobel per la letteratura; un vero e proprio romanzo che parte da una rottura degli schemi in corso.
– Il Vangelo secondo Gesù Cristo del 1991 primo romanzo nei quali tratta la religiosità in modo dissacrante
– Caino del 2009 (ultima sua opera stilistica) nel quale riprenderà le tematiche religiose con una visione di uomo maturo.
Cecità è un’opera dalla trama avvincente che è stata ampiamente riscoperta negli anni passati in seguito all’epidemia. Tutto inizia con una catastrofe e poi dritto alle tensioni sociali, alla paura e al controllo delle masse.
Fu certamente l’opera che gli procurò maggiori riconoscimenti oltre ad essere un esempio di trama costruita ad hoc per mantenere il lettore incollato fino all’ultima pagina.
Nel secondo romanzo citato abbiamo una forte umanizzazione di Gesù Cristo, che diventa non tanto il corpo del Padre (Dio) quanto uomo vero, di carne e ossa; un uomo che si trascina il seme del dubbio.
Proprio in questo dubbio tipico dell’umanità peccatrice e, a volte non credente, risiede il genio e il coraggio del suo autore.
Ma questo coraggio non sarà del tutto apprezzato in patria al punto da essere costretto ad allontanarsi dal Portogallo per evitare problemi.
In questo romanzo viene scardinata la narrazione biblica convenzionale, si mantiene il periodo storico (I sec d.C.) ma attingerà sia dall’Antico che dal Nuovo Testamento e non mancheranno scene dissacranti. A mio avviso resta un’ opera dall’equilibrio perfetto che non vuole mai ergersi a verità assoluta ma che anzi vorrebbe spingere chi legge a porsi delle domande.
Caino è un romanzo maturo, complesso, di un uomo che vede le cose del mondo con un occhio già lontano.
Il protagonista Caino si colloca perfettamente nel filone biblico iniziato con Il Vangelo secondo Gesù Cristo. La vita di Caino diventa l’emblema del bisogno umano di sentirsi accettato e amato. Non riuscendo a saziare questo bisogno si innescheranno una serie di incontri e di scene di vita che porteranno ad un finale a sorpresa. Questo è un romanzo che merita assolutamente di essere letto e non spoilerato!
In queste opere è possibile scorgere le domande e le risposte del grande intellettuale-scrittore!
Ludovica Cassano