La serie tv che valorizza ancora di più le leggi della Gran Tavola
Raro.
Rarissimo.
È questo il caso in cui un prodotto televisivo sia allo stesso livello di uno cinematografico.
Si potrebbe eccepire che oggi gli strumenti siano all’avanguardia. Gli sceneggiatori siano sempre quelli. I soldi investiti facciano la differenza.
Quello che davvero varchi quel confine di una storia come le altre è il valore delle scelte.
In questa serie, sono diverse quelle centrate.
Gli anni 70 sono una cornice perfetta per descrivere la storia di Winston Scott, un po’ mentore, un po’ amico, un po’ tutto quello che John avesse avuto bisogno che fosse.
Se la scelta dei 70s può dirsi obbligata a livello temporale, la caratterizzazione è sensazionale.
Si è proiettati in quel periodo da melodie culto. Iniziano e terminano in maniera inaspettata. Troppo giuste per durare a lungo, troppo gradevoli per accettare finiscano.
Ben delineata anche l’immagino dello sbirro di ferro, la cui etica del lavoro celi interessi personali insospettabili.
Winston giovane profonde eleganza e decadenza quel tanto al kg esattamente come più in là con gli anni.
La sua mancanza di esperienza è ampiamente rispecchiata da azioni istintive. Quell’atteggiamento tranchant ha una causa e un effetto. È la matrice sia dei suoi mali, sia dei suoi obiettivi.
Colin Woodell è antipaticamente adatto nel ruolo del protagonista. Così come Mel Gibson, sua maestà, nel ruolo dell’antagonista.
Non saranno gli anni 80, ma il sempiterno Mel interpreta con piglio caricaturale un ruolo di villain che gli ha donato una seconda giovinezza. Machete Kills, The Expendables 3 e Boss Level sono lavori preparatori per tipizzare i contorni di un’antagonista leale con la propria indole.
Fino alla fine.
Di livello anche il contributo di Ray McKinnon. Coerente l’ambiguità caratteriale mostrata qui, proprio come in Sons of Anarchy, dove è persistente la dissimulazione del proprio io e delle proprie intenzioni. Un io non dissimile anche in The Continental, quando gli anni 70 ancora ricordano ed enfatizzano il valore dell’educazione e delle buone maniere.
Il resto è relativo.
O relativismo.
C’è spazio anche per personaggi secondari, ma ben caratterizzati.
Alcuni killer sembrano esser nati da una costola di Anton Chigurh di Non è un paese per vecchi: taciturni, imperturbabili, ineffabili.
Altri completano il novero degli assassini tipo di John Wick: qualsiasi arma si usi, qualunque metodologia, purché si uccida.
Non mancano infatti sequenze di azione e complementazione.
Tra strategie e giochi di potere, la Gran Tavola chiarisce il proprio peso e le sue leggi.
Allora, come oggi, era evidente il contrasto tra potere centrale e periferico.
Allora, come oggi, l’unico modo per affrancarsi dal gioco non poteva prescindere forza e ingegno.
Una New York più tetra, ma più vera.
Un mondo di John Wick sempre assurdo, ma più realista del filone principale.
C’è spazio anche per vecchie glorie del cinema d’azione anni 80 e 90, come Peter Greene, sempre permeato di quell’ambiguità identitaria che ne ha caratterizzato la rappresentazione.
Quid pluris, la narrativa dell’entourage blaxploitation, quanto mai azzeccata in tema 70’s.
Hubert Point-Du Jour non sarà mai Richard Roundtree, così come Jessica Allain non sarà mai Pam Grier. La scelta dei due, arricchiti di una storia tutta da scoprire e con rimandi alla tradizione marziale di cheniana memoria, non può che impreziosire una serie ricca di particolari e segreti nascosti in bella vista.
Charon vi aspetta al The Continental.
Lorenzo Cuzzani