A volte capita di potere vedere una serie TV (in questo caso una miniserie TV) talmente interessante da chiederti se e quanto abbia rispettato la storia. Un gentiluomo a Mosca – infatti – è un prodotto televisivo che ha, quasi, una funzione – in un certo qual modo – didattica: una successione di 8 episodi di circa 55 minuti l’una, che presentano una Russia molto affascinante (osservandola da un punto di vista puramente storico!) ovvero in quel periodo compreso tra la rivoluzione del 1912 e il 1954.
Come viene osservato questo periodo di tempo? Ecco è proprio questo il nocciolo dell’intera narrazione che rende questa miniserie tanto innovativa perché l’ideatore Ben Vanstone pensa ad un romanzo già in circolazione dal titolo omonimo – A gentleman in Moscow – (opera dello scrittore Amor Towles ) che narra le vicende di un membro dell’aristocrazia ma nella sua fase decadente (ovvero dopo che il popolo dei soviet ha preso il potere ed ha destituito lo Zar e la classe nobiliare).
Alexander Rostov ovvero il gentiluomo russo
Il protagonista di questa avvincente trama è il nobile russo Alexander Rostov, membro di quella élite aristocratica abituata alla servitù, alla bellezza, alle cene eleganti ecc.
L’uomo viene condannato a scontare una prigionia (a vita) in un celebre hotel di lusso a Mosca – l’Hotel Mariupol – dal quale gli sarà impedito uscire fino a quando Lenin non avesse decretato il contrario.
Rostov, un vero e proprio gentiluomo, non solo per i nobili natali, ma soprattutto per l’atteggiamento sempre cortese, elegante (ciò che potremmo definire un perfetto viveur delle steppe) accetta la sua condizione pur di non abbandonare quella che ritiene comunque la sua terra natia e madrepatria. Purtroppo, i tempi sono decisamente cambiati per lui e nel giro di pochissimo dovrà accontentarsi di una misera stanzetta della servitù pur conservando il diritto a tre pasti al giorno (serviti nella sala ristorante dell’Hotel e di servizi di lavanderia e barberia presenti in esso).
Il nobile Alexander si adatta bene alla nuova vita mantenendo sempre un animo affabile e cortese ma il mondo introno a lui sta cambiando e la cosa più triste e che lui non potrà mai vederlo, confinato nel lusso dell’Hotel Mariupol.
Chi incontrerà il nostro gentiluomo russo?
Alexander Rostov vive la sua vita tra la mura dell’Hotel Mariupol e incontra e scopre cosa succede all’esterno grazie ad una serie di incontri tra le stanze e la hall dell’Hotel che gli raccontano (anche in modo umorale e molto personale) i fatti del mondo esterno. Nel frattempo, la società è cambiata ed esprime il cambiamento che ha portato l’affermarsi della Rivoluzione russa del 1912 a concretizzarsi, prendere il potere ma fallire nel suo intento: le privazioni alla classe proletaria e, soprattutto, la Collettivizzazione della terra – che il governo sovietico impose tra il 1928 ed il 1940 – portò la potenza sovietica a collassare economicamente con una successiva crisi economica ed i suoi milioni di decessi per fame. La procedura avrebbe portato, infatti, ad una serie di espropri (completamente bandita la proprietà privata per creare la gestione centralizzata) con la decisione, da parte del governo centrale, di stabilire anche cosa seminare o coltivare e quando iniziare e raccogliere. Questo fu il grande fallimento dell’esperimento sovietico che portò ad un impoverimento generale e malcontento; ai quali seguirono punizioni fisiche e processi sommari da parte del dittatore contro tutti gli oppositori.
Tornando alla storia della miniserie, si può certamente dire che il protagonista ha un atteggiamento non propriamente di stima nei confronti del leader Stalin ma non può esprimere questo malessere perché schiacciato dall’ombra dello spionaggio e, perciò, come una sorta di camaleonte si mimetizza.
Passano gli anni ma la ruotine del protagonista si spezza con un incontro, prima, ed una promessa, poi. Due bambine cambieranno la vita del nobile russo costringendolo ad una scelta che potrebbe costargli la vita.
Per concludere …
La miniserie è davvero ben realizzata ed è molto bello per gli occhi vedere lo sfarzo – a volte anche decadente – di una cultura bellissima quale quella russa pre e post rivoluzione. Non è una serie giudicante anche se non si risparmia nel mostrare il lato scuro della dittatura e della privazione personale; mostrando – anche in modo niente affatto velato – che non c’è nulla di più bello della libertà. Il protagonista della serie è un talentuoso ed affascinante Ewan McGregor nei panni del gentiluomo russo che incontra donne del cinema vecchio e nuovo, politici, agenti sovietici e spie in un mix di avventure sul filo del rasoio.
Attualmente la miniserie è visibile sul canale Paramount + e, per chiunque si fosse incuriosito, consiglio vivamente di accendere il TV e lasciarsi andare a questo tuffo nel passato.
Ludovica Cassano